Ho scelto di partecipare al Progetto Voci 2013 in seguito
alla proposta della mia professoressa di italiano, referente all’interno del
nostro istituto. Mi è sempre interessato entrare in contatto con il mondo della
reclusione, e questa è stata una buona occasione. Ho sempre cercato di
approfondire gli aspetti della mente umana, tanto che l’indirizzo di psicologia
è una delle strade che tengo aperte per la mia iscrizione all’università dell’anno
prossimo. Non ho mai avuto pregiudizi nei confronti delle persone rinchiuse in
carcere, e in seguito a questa esperienza nulla è cambiato sotto questo punto
di vista. Non penso si debba condannare una persona per un suo atto criminale,
senza conoscere i risvolti della vicenda in sé.
Il progetto a cui ho partecipato è stato davvero
entusiasmante, soprattutto al momento dell’ingresso in IPM, quando sono entrata
in contatto con ragazzi della mia età, la cui unica differenza rispetto a me è
la vita che portano avanti. Una vita rinchiusa tra mura altissime, con il
contatto minimo con il mondo esterno. Passare una mattinata assieme a queste
persone mi ha aperto gli occhi su aspetti che, un po’ per ignoranza, un po’ per
“ipocrisia”, non avevo mai considerato: le persone credono che chi sta in
carcere debba essere doppiamente condannato, in quanto è mantenuto con i soldi
della cittadinanza, cosa non vera, in quanto chi può permetterselo deve
provvedere da sé a pagare una specie di retta mensile; spesso i ragazzi sono
tenuti calmi con medicine e sedativi, per evitare che si ribellino o, al
contrario, cadano in depressione. Il carcere è una piccola città, con il cuoco,
il prete, il medico, il dentista, si va a fare la spesa, si comprano le
sigarette (meglio tabacco e feltrino, durano di più). Ma, nonostante i vari
incontri e programmi che vengono organizzati, è la città più triste del mondo, con
orari e pasti prestabiliti, senza colori né gioia.
È una realtà che colpisce nel profondo, che ti fa rendere
conto di quanto noi ragazzi “normali”, istruiti e beneducati, provenienti da
famiglie benestanti e impeccabili, siamo indifferenti. Indifferenti a tutto ciò
che accade lontano da noi, a tutto ciò che non ci coinvolge perché non ci
riguarda, perché non rientra nella nostra sfera personale di interessi,
conoscenze, affetti. Quante volte ci si ferma davanti ad un servizio di
cronaca, ci si dispiace, o si condanna, e poi basta, niente di più, perché il
tutto non ci tocca. Le persone dovrebbero rendersi conto che stare in carcere
non è assolutamente un bel vivere, che le persone stanno lì perché hanno commesso un reato, ma non
semplicemente per il gusto di farlo, ci sono delle ragioni, dei motivi sotto,
che noi non conosciamo, che non possiamo conoscere, perché sono difficili da
comprendere. Chi sta in carcere ha bisogno di aiuto, ha bisogno di conforto, di
sfogare la propria rabbia, o la propria tristezza, per cercare la pace. Il carcere
non deve essere solo un luogo di punizione, deve essere un luogo di
rieducazione, di aiuto, di supporto, di reinserimento nella società in un
prossimo futuro, per coloro i quali hanno una pena che prima o poi finirà.
Entrare in IPM mi ha permesso di conoscere una persona con
le stesse origini della mia famiglia (la Calabria), a cui non sono riuscita a
chiedere per quale motivo si trovasse in un luogo così, forse perché mi è
sembrata un persona normale, importante tanto quanto me e voi, con i suoi pregi
e i suoi difetti, con le sue idee e convinzioni, che hanno lo stesso peso delle
nostre, l’unica differenza è che non vengono ascoltate.
Ciò che mi è dispiaciuto di più, nell’organizzazione dell’esperienza,
è il fatto di aver trascorso lì dentro così poco tempo. Avrei preferito poter
incontrare quei ragazzi più volte, senza necessariamente fare lavori di gruppo,
ma semplicemente potendo parlare, scherzare e riflettere insieme a loro, per
fargli trascorrere momenti diversi, più gioiosi, meno monotoni, che sarebbero
stati tali anche per me.
Consiglierei di partecipare a questa esperienza a chiunque
abbia voglia di uscire dalla propria vita e dedicarsi a chi ha veramente
bisogno di una mano amica.
Marta Silvia